Interessante articolo apparso sul Sole24Ore in merito ai PIR immobiliari

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Il Sole24Ore ha pubblicato un articolo di Angelo Patello sulla questione dei PIR Immobiliari che vale la pena di leggere. Di seguito diamo il link: http://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/dirittoCivile/immobili/2018-02-27/nuove-prospettive-investimento-i-pir-immobiliari-154246.php E comunque lo riportiamo qui: Nuove prospettive di investimento con i PIR immobiliari Commento a cura di Angelo Paletta, docente di management Dopo il successo dei Piani Individuali di Risparmio (PIR), che nel solo primo anno hanno superato quota 11 miliardi di euro di raccolta, il Parlamento con la Legge di Stabilità 2018 ha abrogato i divieti precedentemente imposti sugli investimenti nel settore immobiliare. Questa scelta politica ha aperto il mercato dei PIR immobiliari. L’iniziativa legislativa non è di poco conto, se si considera che dalla crisi del 2008 ad oggi l’industria delle costruzioni e delle filiere connesse col “mattone” hanno vissuto uno dei periodi più critici della storia. Secondo gli studi dei grandi player del settore nel 2018 dovrebbe consolidarsi la svolta verso un ritorno alla crescita, ma la prudenza resta palpabile. Analisi qualificate stimano un aumento di circa il 2% sui valori medi a livello nazionale per gli immobili residenziali, nonché un incremento per quanto riguarda le compravendite compreso fra il 2% ed il 4%, che nel 2017 sono state 550 mila. I capoluoghi che presentano le migliori prospettive paiono essere Firenze e Milano, dove l’aumento stimato dei prezzi si dovrebbe attestare tra l’1% e il 3%. Roma, Bari e Torino, probabilmente, non dovrebbero contabilizzare particolari incrementi. Prezzi stabili o senza particolari variazioni sono attese per Napoli, Palermo, Bologna e Verona. Molto diverso è l’andamento degli immobili per uso uffici e degli alberghi, che al momento registrano un aumento della domanda dal mercato italiano ed internazionale, ma con richieste concentrate nelle grandi città d’arte dove i flussi turistici sono più strutturati. Secondo gli esperti la leggera ripresa del mercato immobiliare è in gran parte collegata a due fattori principali: la maggiore attrattività dei valori di compravendita rispetto ai prezzi ante crisi, per talune zone e tipologie sono crollati tra il 20% e il 40%; i bassi tassi di interesse voluti dalla Banca Centrale Europea, che non ha interrotto la politica monetaria espansiva che ha reso meno costosi i mutui, sia a tasso variabile, sia a tasso fisso. Sta di fatto che la ripresa dell’industria immobiliare è correlata tanto alla ripresa del mercato in generale, quanto ad una nuova stagione di investimenti di medio lungo periodo tesi a superare i disastrosi effetti della deflazione. In tutto questo i PIR immobiliari potranno svolgere un ruolo significativo in relazione sia alle masse finanziarie raccolte da impiegare, sia alla durata minima di possesso dei titoli per cinque anni da parte dei risparmiatori interessati a beneficiare delle agevolazioni fiscali (c.d. “holding period”). Questo arco temporale consentirà ad investitori qualificati e società e fondi immobiliari di utilizzare un tempo adeguato per cantierare progetti redditizi senza l’assillo di dover raggiungere performance nel breve termine. I PIR infatti, potranno finanziare anche fondi chiusi che investono in imprese private non quotate, nonché gli strumenti finanziari delle gestioni collettive (OICR e contratti di assicurazione). Non per ultimo, l’apertura di Borsa Italiana – London Stock Exchange al mercato dei PIR immobiliari, fin da ora, consente agli operatori del settore di sperare in valido alleato che contribuirà fattivamente alla crescita di un mercato più trasparente ed efficiente. È evidente che gli operatori del settore immobiliare dovranno diventare “PIR compliant” per potersi approvvigionare finanziariamente sui mercati finanziari tramite l’istituto dei PIR. Le disposizioni della norma istitutiva dei PIR Ma cosa sono di preciso i PIR? Al fine di saperne davvero di più torna utile fare un puntuale riepilogo normativo. L’art. 1, commi 100-114, della Legge 11 dicembre 2016, n. 232, intitolata “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019” (G.U.R.I. n. 297 del 21 dicembre 2016 – Supplemento Ordinario n. 57) ha istituito e disciplinato i Piani Individuali di Risparmio (PIR). Il vantaggio fiscale previsto dal Parlamento ha consentito di rendere molto attraenti questi strumenti finanziari aventi una finalità correlata allo sviluppo economico italiano. L’agevolazione sui profitti dei PIR a lungo termine è richiamata nel comma 100 dove il legislatore stabilisce che non sono soggetti ad imposizione i redditi di capitale (art. 44 del DPR 22 dicembre 1986, n. 917, Testo unico delle imposte sui redditi) che siano diversi da quelli delle partecipazioni qualificate e dei redditi diversi (art. 67, comma 1, lettere c-bis, c-ter, c-quater e c-quinquies del TUIR), conseguiti al di fuori dell’esercizio di impresa commerciale da persone fisiche residenti nel territorio dello Stato, con l’esclusione di quelli che concorrono alla formazione del reddito complessivo imponibile. Secondo il legislatore si considerano «qualificati» le partecipazioni e i diritti o titoli elencati nell’art. 67, comma 1 lettera c, del TUIR, tenendo conto anche delle percentuali di partecipazione o di diritti di voto possedute dai familiari della persona fisica (art. 5, comma 5, del TUIR) e delle società o enti da loro direttamente o indirettamente controllati (art. 2359, comma 1 n. 1 e 2, Codice civile). Chi può investire nei PIR ed i vincoli del tempo e della residenza in Italia Le Linee guida sui PIR redatte dal Dipartimento Finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) hanno chiarito che tutte le persone fisiche, anche i minorenni, possono aderire ad un PIR. Tuttavia, ciascuna persona fisica non può essere titolare di più di un PIR e ognuno di questi contratti non può avere più di un titolare. L’intermediario o l’impresa di assicurazione presso il quale è costituito il PIR, all’atto dell’incarico, acquisisce dal titolare un’autocertificazione con la quale lo stesso dichiara di non essere titolare di un altro PIR (art. 1, comma 112, Legge n. 232/2016). L’incentivo fruibile dai risparmiatori fiscalmente residenti in Italia che ha permesso di raccogliere 11 miliardi di euro nel solo primo anno è stata l’agevolazione fiscale sui rendimenti, consistente nell’esenzione totale dall’imposta sui redditi e dall’imposta di successione qualora l’investimento sia mantenuto per almeno cinque anni. Infatti, il trasferimento a causa di morte degli strumenti finanziari detenuti nel piano non è soggetto all’imposta sulle successioni e donazioni prevista dal Decreto Legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (art. 1, comma 114, Legge n. 232/2016). Ma la normativa è precisa anche su un altro punto cardine: il trasferimento della residenza fiscale all’estero fa venir meno uno dei requisiti posti dalla legge per fruire dell’agevolazione. Ma c’è di più: anche le somme o valori destinati nel PIR non possono essere investiti in strumenti finanziari emessi o stipulati con soggetti residenti in Stati o territori diversi da quelli che consentono un adeguato scambio di informazioni (art. 1, comma 105, Legge n. 232/2016). Investire in PIR: massimo 30.000 euro l’anno fino a 150.000 euro in 5 anni Nonostante ogni PIR non possa superare soglie di investimento annuali e complessive imposte dalla legge, la raccolta nel 2017 è stata di 11 miliardi di euro e le stime per il quinquennio 2017-2021 prospettano investimenti retail per 70 miliardi di euro. Numeri davvero importanti che richiedono una sempre maggiore attenzione a partire dai dettagli tecnico giuridici. Infatti, l’art. 1, comma 101, della Legge 11 dicembre 2016, n. 232, stabilisce che i PIR si costituiscono con investimenti vincolati per 5 anni e di importo non superiore a 30.000 euro in ciascun anno solare ed entro un limite complessivo non superiore a 150.000 euro. Lo stesso legislatore precisa che gli investimenti devono essere «qualificati» (comma 102) e devono effettuarsi attraverso l’apertura di un rapporto di custodia o amministrazione o di gestione di portafogli o altro stabile rapporto con esercizio dell’opzione per l’applicazione del regime del risparmio amministrato (art. 6 del Decreto Legislativo 21 novembre 1997, n. 461) o di un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione. Per sottoscrivere un PIR i risparmiatori devono avvalersi di intermediari abilitati o imprese di assicurazione residenti, ovvero non residenti operanti nel territorio dello Stato tramite stabile organizzazione o in regime di libera prestazione di servizi con nomina di un rappresentante fiscale in Italia scelto tra i predetti soggetti. Preciso compito degli intermediari o delle imprese di assicurazioni presso cui è stato costituito un PIR è quello di tenere separata evidenza delle somme destinate nel PIR in anni differenti, nonché degli investimenti qualificati effettuati (art. 1, comma 113, Legge n. 232/2016). Diritto dei risparmiatori è quello di trasferire un PIR da un intermediario o da un’impresa di assicurazione ad altri e ciò non solleva pregiudizi ai fini del computo dei cinque anni di detenzione degli strumenti finanziari per l’ottenimento dei benefici fiscali (art. 1, comma 111, Legge n. 232/2016).

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